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L’importanza delle KPI per monitorare le performance aziendaliL’importanza delle KPI per monitorare le performance aziendali

La grande mole di dati che ogni azienda ha a disposizione per le proprie attività deve essere monitorata ed assume un’importanza sempre più strategica la lettura e l’interpretazione di tali dati. Entrano pertanto in gioco le KPI, ovvero una sigla che significa Key Performance Indicators, cioè gli indicatori chiave di performance.

Ogni impresa ha i propri obiettivi, che possono essere di qualunque tipologia, in base al tipo di attività e alla gestione. Il primo passo da compiere quindi è quello di riuscire a definirne alcuni, seguendo alcune “regole” base che ne permettano poi un corretto monitoraggio.

Per tutte le imprese, gli obiettivi devono pertanto essere:

  • specifici
  • misurabili e comparabili
  • realizzabili e realistici
  • delimitati a livello temporale

Ciò significa che occorre delineare una serie di obiettivi che siano precisi (e non “generici”), che abbiano la possibilità di essere misurati e confrontati attraverso indicatori, ma anche che siano realizzabili in un range temporale determinato ed infine che siano realistici, cioè attinenti al tipo di azienda (dimensione, fatturato, vendite, ecc.) e non troppo ambiziosi.

Una volta stabiliti questi obiettivi, condivisi a livello di team e di azienda, ecco che si possono individuare le KPI necessarie per misurarli. Le KPI non dovrebbero essere troppo numerose (altrimenti perderebbero il loro scopo) e se ne possono creare alcune per ciascuno degli obiettivi identificati.

Bisogna infatti precisare come non tutti gli indicatori che vengono determinati siano “vere” KPI, alcuni di essi possono essere delle metriche utili che mostrano l’andamento di una variabile, ma senza avere la profondità degli “indicatori chiave”. Lo scopo delle KPI invece è strategico: la loro misurazione e la successiva visualizzazione grafica devono permettere di dare risposte e prendere decisioni e pertanto ogni KPI deve essere:

  1. strategica ai fini decisionali
  2. replicabile per ottenere risultati
  3. con dati efficaci che mostrino realmente la situazione

Così facendo, una corretta determinazione delle principali KPI aziendali riesce anche a mostrare i punti di forza e i punti di debolezza ed è pertanto attraverso questa lettura che l’impresa può attuare le strategie necessarie per confermare/migliorare tali indicatori, cercando di raggiungere (o di mantenere) i risultati e gli obiettivi che ci si è prefissati.

Diventa pertanto fondamentale un monitoraggio costante di tali indicatori, attraverso l’utilizzo di report e dashboard in cui si possano visualizzare in modo chiaro ed efficace tutte le KPI individuate, confrontandole in periodi temporali differenti (ad esempio mese in corso su mese precedente, oppure stesso mese dell’anno precedente, e così via) al fine di poter analizzare le dinamiche che si sono verificate nei vari periodi e comprendere i trend.

Businessman making presentation with his colleagues and business strategy digital layer effect at the office as concept.

Un continuo controllo delle KPI permette all’impresa di essere sempre al corrente delle proprie dinamiche e ciò può comportare, di conseguenza, anche un aggiornamento o una modifica delle KPI iniziali. Gli obiettivi naturalmente si evolvono durante il tempo e pertanto un obiettivo fissato (per esempio) due anni prima può essere sostituito con nuove performance da raggiungere, determinate dalla crescita aziendale oppure da nuove strategie intraprese nel tempo.

Come scritto all’inizio, le KPI possono essere di qualsiasi tipo, a seconda non solo dell’azienda ma anche delle aree che la compongono. Vediamo quindi alcuni esempi suddivisi per tipologia.

Un reparto marketing può avere come KPI il numero di leads ricevute o i relativi costi per leads, oppure il posizionamento nei motori di ricerca. Ma può avere anche il tasso di iscrizione ad una newsletter o l’andamento di una campagna.
Un reparto business può invece monitorare il ROI (Return on investiment) oppure il CLV (Customer lifetime value, cioè il valore di un cliente), mentre l’area della customer care si può basare come KPI sui tempi medi di risposta o di gestione delle chiamate oppure sulla quota di reclami ricevuti. Invece un reparto di produzione può avere la KPI sul numero di pezzi lavorati in un giorno e sulla quota pezzi scartati sul totale, e via dicendo per tutti i vari reparti che compongono la struttura di un’impresa (logistica, risorse umane, commerciale, ecc.). Anche l’area direzionale chiaramente ha le proprie KPI, solitamente relative a dati di sintesi su vendite, profitti e marginalità dell’azienda.

Appare evidente quindi come a seconda dell’interlocutore serva un modello di analisi e reportistica differente, con dashboard personalizzate in base a chi deve valutare le KPI per prendere le decisioni di propria competenza.

Parleremo in modo più approfondito delle dashboard in un altro articolo nelle prossime settimane, ma appare già ora in modo evidente il legame tra le KPI e la reportistica. Tutte le KPI che abbiamo definito e misurato non avrebbero la stessa efficacia se non fossero inserite in un contesto di analisi e monitoraggio periodico con grafici e tabelle, al fine di poter valutare il loro impatto nel tempo ed operare le strategie necessarie in base al loro andamento.

Per questo è necessario e che i dati siano ben definiti in partenza e successivamente gestiti e calcolati in modo corretto (e da qui, per esempio, emerge l’importanza dei tracciamenti di cui abbiamo parlato in un precedente articolo nel blog). Ma occorre soprattutto che essi siano presentati in modo chiaro ai nostri interlocutori per renderli facilmente fruibili e perché si possano cogliere tutte le informazioni essenziali che le nostre KPI hanno fornito e, da queste, agire di conseguenza.