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On e offline, sono davvero due mondi separati? Le persone al centro della strategia digitale

Il consumatore on-life

La pandemia ha radicalmente modificato le nostre abitudini ma anche le nostre necessità. E non è detto che il tanto atteso ritorno alla normalità significhi anche un ritorno al mondo del commercio come lo conoscevamo fino a qualche mese fa. 

Già prima della pandemia, il consumatore si aspettava di percepire coerenza e continuità durante il proprio “customer journey”,  utilizzando tutti i touchpoint possibili per soddisfare le sue esigenze di interazione con il brand. 

Abbiamo di fronte clienti “iperconnessi”; connessi 24×7 mescolando momenti di vita “virtuale” e momenti di vita reale:

  • Consultare un sito web correlato mentre si guarda un programma televisivo
  • Cercare recensioni di prodotto mentre ne si valuta l’acquisto in negozio
  • Inviare foto di scarpe ad amici/familiari durante l’acquisto
  • E moltissimi altri

 

Con il comportamento mutevole di clienti connessi 24 ore al giorno, 7 giorni su 7, Online e Offline si fondono; il termine più appropriato per definire questo tipo di comportamento del consumatore è “onlife”, coniato dal filosofo Luciano Floridi nel suo “The onlife manifesto”, definizione perfetta dell’utente iperconnesso che non vive una netta separazione tra l’online e l’offline.

Al fine di incentrare l’attenzione verso il cliente, diventa indispensabile per le imprese adottare una strategia omnicanale, modificando l’assetto organizzativo e accogliendo nuove modalità di valutazione delle performance aziendali, quali metriche e KPI omnichannel. L'omnicanalità rappresenta dunque una sfida per le aziende, ma se perseguita in maniera corretta dà accesso a diverse opportunità di business.

L’uomo al centro della strategia digitale

In un periodo storico nel quale la consapevolezza dell’inevitabilità del digitale si è impadronita delle scelte strategiche aziendali, la visione corrente riporta fortemente a disegnare la Strategia Digitale non sulla Tecnologia ma sul Comportamento Umano, modellando attorno ad esso l’Esperienza omnichannel del consumatore (o di colui che vorremmo diventasse tale).

Dopo una fase transitoria dominata dalle soluzioni tecnologiche, le più moderne discipline di Strategic Business Development tornano ad affermare la centralità dell’elemento umano e del processo come punti di partenza nella definizione non soltanto della strategia ma della stessa organizzazione aziendale e dei suoi flussi.

L’elemento umano ha centralità su due diversi fronti:

  • Esterno
    • riuscire a ricostruire il processo decisionale del consumatore, che Richard Thaler (Premio Nobel dell’Economia 2017 e uno dei padri del Behavioral Economics) definisce “Predictably Unpredictable”;
    • identificare i cosiddetti “Touch Point” all’interno di questo comportamento;
    • disegnare una strategia di comunicazione e coinvolgimento che lavori sull’utilizzo sapiente dei Touch Point e sullo stato di maturazione del cliente.
  • Interno:
    • sviluppare una strategia “disegnata” sui comportamenti, anziché top down come si usava in passato all’interno di organizzazioni industriali, comporta la conseguenza di rivedere i processi interni all’azienda e i collegamenti fra i vari reparti che devono strutturare un lavoro concatenato e smontare un lavoro tradizionalmente organizzato a Silos;
    • è evidente la necessità, seguendo questo tipo di approccio, di rivedere le competenze interne dell’organizzazione per poterle adeguare, affiancando il management in questo processo di approfondimento e di apprendimento, indispensabile per essere preparati a questo importante cambiamento.

A supporto di questo processo “umano” e progettuale, la tecnologia deve essere “abilitante”, ovvero inserirsi senza forzare il processo umano bensì consentendone la massima espressione e apertura. 

Fisico, Digitale, “Phygital”

Nel contesto “on-life” espresso sopra, le modalità di interazione tra il consumatore, in quanto essere umano, e il proprio interlocutore, diventano continue; in uno spazio continuo tra fisico e digitale che si mescolano tra di loro per creare un nuovo mondo denominato “phygital” ( fisico + digitale ) dove il consumatore “24×7” vive costantemente e in parallelo ai mondi fisico e digitale.

La consapevolezza delle nuove abitudini di vita e di consumo sta portando verso un nuovo tipo di esperienza di retail dove lo scenario dei 3 mondi intersecati sopra riportato si realizza e diventa reale.

Digitale e fisico, on-line e off-line si incontrano ormai in molteplici contesti e scenari di “Virtual Try On” (Es. Wanna Kicks – App su Google Play ) e Virtual Show Room (scenario che ha avuto una fortissima accelerazione nel mondo della moda durante la pandemia).

Non dobbiamo però pensare solo a scenari di realtà virtuale e aumentata; online e offline convergono anche in scenari apparentemente più classici dove osserviamo una convergenza di linguaggi e comunicazione.

Nelle immagini seguenti, viene riportata l’esperienza di Walmart che aveva iniziato la riprogettazione dei propri store ben prima della pandemia, con l’obiettivo di fornire un’esperienza unificata di shopping nella quale la APP e il negozio stesso parlino lo stesso linguaggio. “Le persone camminano nel negozio con lo smartphone in mano e noi vogliamo integrare queste cose; per fare in modo che mentre guardano il loro telefono, possano ritrovare le stesse cose nel negozio. L’applicazione Walmart, dopo la ricerca, indicherà e guiderà l’utente verso la posizione esatta degli oggetti nello store fisico con isole e corsie etichettate con lettere e numeri per aiutare i clienti ad orientarsi meglio

(Photo: Walmart)

Small contro Big

Le aziende più lungimiranti stanno ormai consolidando la propria strategia “data driven”. Attraverso la raccolta, organizzazione e analisi dei dati è possibile estrarre informazioni e indicazioni a supporto delle decisioni o, ancora meglio, automatizzare parte di esse. Siamo nell’ambito dei Big Data, cui ora si affianca/contrappone quello degli Small Data.

Siamo, infatti, sicuri che “macinare” grandi quantità di dati, indifferenziati, tipici dei Big Data, possa portare ad avere le informazioni corrette? Quanti di questi dati e relative informazioni possono essere utili a una corretta definizione di strategia aziendale?

Online genera “Big Data”, grandi volumi di dati da interpretare; Offline è legato agli SMALL DATA, piccoli indizi che possono nascondere grandi trend.

Dopo la fase dell’ “hype” dei Big Data, stiamo prendendo consapevolezza della difficoltà di interpretarli; ecco che si rende opportuno tornare all’osservazione:

  • Un frigorifero di una famiglia siberiana
  • Il portascarpe di una famiglia giapponese
  • Il cassetto del comodino di un single
  • Gli oggetti nel cestino di una famiglia americana
  • I cartoni all’esterno di un supermercato
  • La zona giochi di un bambino tedesco
  • E molto altro…

In questo contesto, è importante citare il testo di riferimento “Small Data” di Martin LindstromIn molti casi, è opportuno un approccio “ibrido” che prenda il meglio di entrambi i mondi Small Data/Big Data ; 

Conclusioni

Anche da quest’ultima (apparente) dicotomia e dall’opportunità di prendere il meglio di entrambi i mondi, emerge una sorta di “fusione” tra on e offline, oggetto di questo articolo. 

Da qualsiasi prospettiva si guardino le cose, è evidente la convergenza di medio/lungo periodo tra questi 2 mondi: on e offline, tra il “vecchio” e il “nuovo”, tra il “big” e lo “small”; tutti gli scenari possibili devono e dovranno continuare a supportare servizi e valore al servizio delle persone in quanto clienti, consumatori, genitori, cittadini.

Riferimenti

Walmart’s new store design proves browsing is dead